Uno dei principi basilari del nostro approccio, come stabilito da Honen Shonen, è il fatto che la fede e la pratica non possono essere separate. Lo spirituale ed il concreto non sono separati.

Anni fa, quando ero un assistente sociale, lavoravo in diversi ospedali nel nord dell'Inghilterra. Lavoravo con medici specialisti. In alcuni settori c'erano pazienti psichiatrici adulti, in altri c'erano bambini malati, a volte psicosomatici. I medici avevano interesse a classificare i clienti in categorie diagnostiche che permettessero loro di prescrivere cure mediche appropriate. Questo era lo scopo della diagnosi. 
Quelle diagnosi non erano rilevanti per il mio lavoro come assistente sociale. Spesso mi trovavo a scrivere rapporti che iniziavano così: "Qualunque sia la  diagnosi medica di questo paziente, la realtà della sua vita è la seguente.....".
Prendersi cura della realtà concreta è una parte importante della psicologia buddista. Il Budda si preoccupava di aiutare le persone nelle difficoltà in cui si trovavano. Non prescriveva farmaci. Ascoltava e capiva il problema spirituale da come si manifestava nel comportamento e nelle circostanze. Se incontrava una donna che si comportava come una pazza selvaggia (come Patacara), voleva ascoltare la sua storia. Risultava che suo marito, due figli e i genitori erano tutti morti nel giro di pochi giorni. Questo sarebbe sicuramente bastato a sconvolgere chiunque. La sua risposta consisteva nel portarla al processo del lutto, facendole comprendere l'impermanenza, non come idea astratta, ma come vita reale, che porta dolore e sofferenza ad innumerevoli persone.
Se qualcuno mi dice che quella tale persona soffre di depressione, é probabile che dica: "Vuoi dire che sono tristi?" Per favore, dimmi, cosa li rattrista? Questo è ciò che voglio sapere". Voglio sapere che tipo di vita la persona sta vivendo.
Un terapeuta potrebbe dirmi: "Ho tre pazienti che soffrono di ansia". Questo suona come se le persone fossero uguali tra loro. Ma, ovviamente, non lo sono. Ognuno di loro è ansioso per ragioni diverse. Voglio sapere quali sono quelle ragioni. La somiglianza superficiale dei casi non vuol dire nulla.
Parliamo di depressione e di ansia come se fossero malattie da curare. Ma ci sono delle ragioni per cui le persone diventano tristi. Ci sono delle ragioni per cui diventano ansiose. Se non avessimo questi sentimenti non saremmo sopravvissuti tutti questi millenni.
Talvolta questi sentimenti sono del tutto appropriati, sono radicati nella vita reale. Quando si comprende la vera vita della persona, i sentimenti assumono un significato. Ma quando succede i sentimenti cessano di essere la principale preoccupazione. 
Come terapeuta non mi occupo di rettificare i sentimenti. Mi preoccupo di conoscere il problema spirituale, il koan, che ostacola la liberazione della persona; e quella questione spirituale si manifesta nelle circostanze concrete della sua vita. Ogni persona ha vissuto eventi e circostanze. Hanno cercato di dar loro un senso. Hanno cercato di capire il significato. Le esperienze ci formano.
Se conosco l'esperienza che la persona ha avuto ed il senso che ne ha tratto, allora ho buone possibilità di capire il dilemma che la persona sta affrontando oggi, cosa sta ostacolando la sua vita.
In termini buddisti: se conosco dukka, e conosco samudaya, allora ho delle possibilità di trovare un appropriato nirodha, che possa mettere la persona su  un sentiero salutare. Il concreto non può essere separato dallo spirito, e lo spirito non può essere separato dalla vita concreta.
Fede e pratica non possono essere separati.
Namo Amida Bu
Grazie mille!
Dharmavidya
David

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