Samskara l'inconscio

Podcast 49:12 luglio 2020; tradotto da Angela Romani

Il quarto skanda è samskara. Il Budda dice che i samskara sono dukkha e anicca, sono afflittivi e sono impermanenti. Dice anche che i dharma, le cose reali, che in questo caso sono in contrasto con samskara, sono non sé. Quindi c'è qui un'implicazione diretta che i samskara sono il sé.

La parola samskara in molti libri buddisti è tradotta come formazioni interne o formazioni mentali. DT Suzuki la traduce come confezioni. Linguisticamente questa è la traduzione più diretta. Sam-skara in sanscrito corrisponde al latino con-ficere (preparare, mettere insieme), quindi questo è il parallelo più diretto.

Ora, - confezione - di solito usiamo questa parola riferendoci ai dolci, che chiamiamo confetti o torte, sono fatti di ingredienti allettanti. Li mettiamo insieme e facciamo qualcosa di buono per noi. Così i samskara sono processi di questo tipo, avanzano nella nostra mente, dove le cose che ci piacciono, che ci attirano, che ci seducono sono mescolate. 

Samskara è il quarto degli skanda. Quindi rupa costituisce la base di vedana, vedana costituisce la base di samjña, samjña abbiamo appreso è una sorta di trans, ed è la base del samskara. Quindi samskara è qualcosa che ha a che fare con il mettere insieme vari trans, le cose che ci attraggono, gli incantesimi a cui siamo sottoposti. Cioè samskara è un miscuglio, "una zuppa di incantesimi" a cui siamo soggetti. 

Quando diciamo "formazioni interne" ci connettiamo all'idea, diffusa nella psicologia e filosofia occidentali, che le persone hanno, per così dire, una mappa interna attraverso la quale navigano nel mondo.

Penso sia stato Hegel a sottolineare che c'è un problema filosofico su questa idea. Se ricaviamo la nostra mappa dalle percezioni, allora deve esserci un processo, ha detto, attraverso il quale percepiamo questa mappa e se il risultato della percezione è costruire una mappa, allora quando percepiamo la mappa faremo necessariamente una mappa della mappa. Poi dobbiamo percepire la mappa della mappa così costruiremo la mappa della mappa della mappa. Finiremo così in una regressione infinita che rende l'intera idea assurda.

Il buddismo risolve questo problema? E' possibile. Nell'insegnamento sull'originazione dipendente, il Budda dice che la precondizione del samskara è avidya = non vedere, cecità.

Così nella concezione buddista non vediamo mai davvero i nostri samskara. Queste formazioni interne sono una "zuppa di incantesimi" tutti mescolati insieme. Formano una sorta di basamento nascosto nella mente. Ci influenza, ma non ne siamo mai del tutto consapevoli. In effetti forse non ne diventiamo mai consapevoli. Il Budda vede il suo insegnamento come un modo di ripulire questo basamento. Forse qui abbiamo il precursore dell'idea di "inconscio" - 2000 anni prima di Freud. 

L'idea che l'intera pratica buddista possa veramente operare ad un livello inconscio è essa stessa affascinante.

Grazie mille.

Namo Amida Bu

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