Da quando, nell'ultimo podcast, ho parlato del valore di indossare una maschera, sono sicuro che alcuni ascoltatori hanno pensato alla questione dell'autenticità.

Quando ci si mette una maschera non si è forse inautentici?
Se si avesse un sé reale, continuo, allora potrebbe essere che mettere una maschera rappresenti un allontanarsi dalla propria autenticità.
D'altra parte, se non si ha questo vero sé al centro del proprio essere, allora le cose potrebbero essere diverse.
Se io fossi il cameriere che oggi viene al vostro tavolo ed agissi come il cameriere più professionale, prendendo il vostro ordine diligentemente, andando a prendere e portandovi il caffè e il dolce che avete ordinato, sarei inautentico?
Jean Paul Sartre potrebbe parlarne, infatti scrisse esattamente su questo scenario con molti dettagli. Comunque, ci sono altri modi di osservare cosa accade. Posso sicuramente essere davvero sincero e consapevole nel fare la parte del cameriere. La mia gioia nel darvi la soddisfazione come clienti ben serviti può essere del tutto genuina. La mia azione può essere interamente allineata con l'intenzione di fare bene il mio lavoro e di servirvi nel modo migliore possibile. Questo di sicuro non è inautentico, nonostante il fatto che in un altro momento potrei ricoprire un ruolo completamente diverso. Forse nel mio tempo libero o in un altro lavoro.
L'autenticità ha a che fare con l'essere sinceri dietro ciò che si dice o si fà. Il solo fatto di recitare un ruolo non vuol dire di per sé essere inautentici.
Il ruolo è una sorta di maschera che mi definisce, con parole e azioni che non diffondono sconcerto e costernazione inappropriatamente. Ma che può essere qualcosa di cui posso essere sincero. Cosa rende autentici o inautentici è la sincerità.
Quando Shantideva dice che, se le persone necessitano di una barca, lui sarà una barca per loro, non vuol dire: sarò una barca per loro esternamente mentre segretamente sarò risentito per aver compromesso la mia vera natura. Significa: farò sinceramente ciò che è necessario.
L'Ottuplice Sentiero è in genere rappresentato come Retta Visione, Retto Pensiero, Retta Azione, Retta Vita, Retto Sforzo, Retta Consapevolezza, Retta Concentrazione. Ora, il termine qui tradotto come Retto, può essere anche tradotto come sincero. L'ideale sarebbe Parola Sincera, Azione Sincera, Sforzo Sincero, e così via.
Si può sinceramente interpretare la propria parte quando non si è attaccati alla presunzione del sé. Essere liberi da tale presunzione vuol dire essenzialmente avere fede.
Talvolta sono un prete buddista, in piedi davanti all'altare pronunciando parole sacre. Talvolta sono un addetto alla manutenzione che pulisce la fossa biologica. Talvolta sono il boscaiolo che taglia un albero. Talvolta sono un autore che scrive libri. Alcuni mi riconoscono in una di queste capacità e forse non in altre.
Quando ero in Italia alcuni anni fa, al mattino ero uno studente piuttosto scarso nel corso di lingua. Nel pomeriggio ero il docente internazionale invitato per tenere lezioni di psicologia. In termini di status sociale c'è un mondo di differenza. La sfida non è scoprire quali di questi è "il vero me". La sfida è: posso essere sincero -autentico-  tanto in un ruolo quanto in un altro?.  
Nel mondo ci sono molte posizioni. Ci sono ricchi e poveri, uomini e donne, vecchi e giovani, stupidi e intelligenti, buoni e cattivi, e così via. Ci si può trovare in innumerevoli posizioni diverse. Per un buddista della Terra Pura, cosa rimane costante e affidabile attraverso tutte quelle vicissitudini è il nembutsu. Il nembutsu può accompagnarmi in ogni ruolo. Ogni ruolo che assumo non compromette il nembutsu. Piuttosto, il nembutsu mi aiuta ad essere sincero in ogni ruolo, non importa quanto possano essere diversi.
Grazie mille!
Namo Amida Bu
Dharmavidya
David

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